Giovanni Verga - I ricordi del Capitano d’Arce
I ricordi del Capitano d’Arce
Giovanni Verga
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D’Arce, cullato dal rullìo del bastimento, aveva posato il bicchierino sulla tavola, affissando l’orizzonte mobile attraverso il cristallo del finestrino, quasi vedesse ancora ciò che stava narrando. — No, neanche la punta di un dito. Adesso è storia vecchia.... e anche triste!... Non ci siamo neppur detto di amarci.... quello che si chiama amare.... Mi piaceva assai, ecco. Andavo da per tutto dove sapevo d’incontrarla, alla Villa, al Sannazzaro, al concerto serale dello Châlet. Mi sentivo battere il cuore e inciampavo nelle seggiole appena scorgevo da lontano i nastri rossi del suo cappellino. Mi rassegnavo al cipiglio e all’accoglienza glaciale del Comandante, solo per vedere i begli occhi grigi di lei che mi cercavano nella folla. Essa mi salutava con un sorriso appena accennato: sapete, quel sorriso che vedete soltanto voi, quella fiamma lieve e rapida che illumina a un tratto un bel viso delicato, e vi dice: — Grazie!...