Benedetto XV - Lettere
Lettere
In tempo di guerra
Benedetto XV
Descrizione
Papa Benedetto XV, nato Giacomo Paolo Giovanni Battista della Chiesa (Genova, 21 novembre 1854 – Roma, 22 gennaio 1922) è stato il 258º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica (il 257º successore di Pietro), dal 1914 fino alla morte. Fu fermo oppositore della prima guerra mondiale. Benedetto XV fu eletto papa poche settimane dopo l'inizio della prima guerra mondiale. L'elezione a papa di un cardinale nominato da soli tre mesi fu un evento eccezionale. Probabilmente fu la situazione bellica a favorire la sua elezione, avendo egli lavorato nella diplomazia con valenti segretari di Stato, quali Rampolla e Merry del Val, ed essendo considerato più super partes rispetto ad altri papabili. Consapevole della gravità del momento, decise che l'incoronazione si tenesse non nella Basilica di San Pietro ma, più modestamente, nella Cappella Sistina. Durante la prima guerra mondiale elaborò diverse proposte di pace. Nella sua prima enciclica, Ad Beatissimi Apostolorum principis, pubblicata già il 1º novembre 1914, si appellò ai governanti delle nazioni per far tacere le armi e mettere fine allo spargimento di tanto sangue umano. Con l'entrata in guerra anche del Regno d'Italia il 24 maggio 1915, la Santa Sede, chiusa e «prigioniera» in Vaticano, rimase ulteriormente isolata con la dipartita degli ambasciatori degli Stati esteri. Benedetto XV soffrì molto negli anni a venire per questa reclusione, che visse come una sorta di penitenza per la pace. Egli non poté far altro che constatare amaramente l'ulteriore allargamento del conflitto internazionale, la cui causa ultima era − a suo dire, e secondo un'interpretazione largamente diffusa all'interno della curia − la diffusione dell'individualismo liberale e quel processo di secolarizzazione che vedeva l'abbandono da parte delle società contemporanee delle linee guida della Chiesa cattolica. La guerra mondiale rappresentava infatti, per Benedetto XV così come per i suoi predecessori, un vero e proprio castigo divino, tanto che lo paragonò al terremoto di Reggio Calabria e Messina.